Gestire le grandi sfide del Messico

Intervista a Carlos Villaseca, Direttore di Operazioni del Messico

Foto-portada-NL

4 dicembre 2013

In questa intervista, Carlos Villaseca, Direttore di Operazioni del Messico, fa delle profonde riflessioni sullo sviluppo del settore del gioco in Messico, rivela il disegno delle chiavi strategiche che ci hanno permesso di posizionarci come uno degli attori più importanti dell’industria e ripassa con noi i suoi quindici anni nella società. Inoltre, Carlos condivide la sua opinione con noi sulle grandi opportunità che ci attendono in futuro, tra le altre lo spostamento verso un modello con costi più bassi basato sulle competenze poco imitabili.

CMS: Il Messico rappresenta in questo momento il mercato più importante di Codere, qual è il suo contesto macro paese e il comportamento generale del settore?

CV: Negli ultimi quattro anni l’economia messicana che è strettamente legata a quella degli USA ha mostrato un comportamento positivo e solido. Negli ultimi otto mesi tuttavia questa tendenza ha cambiato rotta, riducendo il suo tasso di crescita all’1,8%, molto al di sotto del 3,5% atteso. Per il prossimo anno si prevede che il tasso di crescita torni ad aumentare.

carlos-villaseca2

Lo sviluppo del nostro settore in Messico è iniziato circa quindici anni fa, quando sono state concesse le prime licenze di gioco a diversi operatori –tra gli altri a CIE e Caliente–. Era un mercato di monopolio creato attraverso la concertazione tra i pochi licenziatari esistenti che l’hanno sviluppato in modo ordinato. A un certo punto dello sviluppo si è iniziato a distribuire licenze in un modo non controllato. Come risultato oggi abbiamo un settore altamente competitivo dove non tutti gli attori rispettano scrupolosamente la legge e dove governa lo sconcerto. Si deve evidenziare la mancanza di professionalità dei nostri concorrenti che si sono accontentati di stabilirsi dove siamo noi invece di aprire sale su nuovi mercati. Il settore ha sofferto molto per effetto della creazione di poli di concorrenza che anche in questo caso sottolinea la mancanza di concertazione e di comunicazione che abbiamo vissuto negli ultimi anni. Considero che Codere –con una quota di mercato del 20%– abbia la grande opportunità di essere leader nel processo di conciliazione del settore per porre fine al confronto e generando valore per tutti nel processo. In qualsiasi caso, sarà un settore che continuerà a crescere attraverso nuovi punti–come il resto delle industrie in Messico– per l’immensa superficie del paese. Per quanto riguarda la crescita organica, sarà chiave un buon posizionamento concorrenziale.

Il settore ha sofferto molto per effetto della creazione di poli di concorrenza (…) Codere ha la grande opportunità di essere leader nel processo di conciliazione del settore per porre fine al confronto

CMS: Due anni fa hai assunto la leadership operativa dell’integrazione degli interessi di Codere con AMH e Caliente, come hai vissuto questo processo?

CV: Non è stato di certo facile ma c’è stato un fattore che ha agevolato la fusione da un punto di vista operativo, vale a dire, tutti gli impiegati in origine provenivano dalla stessa fonte –Codere–. Dopo otto mesi abbiamo raggiunto un’integrazione reale. Lo confronto sempre con due fratelli che hanno vissuto insieme la loro infanzia e dopo anni di separazione si sono nuovamente ritrovati. Abbiamo iniziato il processo basandoci sulle strutture della società per eseguire un trasferimento di buone pratiche e questo ha dato una maggiore chiarezza. In seguito siamo passati a un’unica struttura dove molte persone si sono reinventate e altre hanno dovuto lasciare la società per il loro minor contributo. Nonostante ciò tutti hanno avuto la loro opportunità. A mio giudizio i fattori più importanti della fusione sono stati: essere rispettoso, ascoltare la gente e capire chi era chi. Ho cercato di fare in modo che non ci fossero né schieramenti né bandiere, ma piuttosto regole comuni applicabili a tutti per essere consistenti e affidabili. La chiave consisteva nel captare il meglio di ciascuno e francamente penso che ci siamo riusciti. Abbiamo combinato capacità e oggi siamo una società molto migliore di prima, facendo in modo che uno più uno faccia tre. La parte corporativa ha seguito il suo ritmo. In questo caso non c’era un punto di origine comune: CIE e Caliente controllavano i loro servizi centrali perché con Codere esisteva solo un contratto di gestione –Codere operava–. Credo che abbiamo un’opportunità in questo ambito sia dal punto di vista delle capacità che delle risorse. Finora potremmo dire che è stata fatta un’aggiunta con alcune efficienze. La vera fusione a livello corporativo si potrà raggiungere solo con una cultura delle capacità integrate.

Con la fusione abbiamo combinato capacità e oggi siamo una società molto migliore di prima

CMS: In un ambiente così competitivo, qual è stata la nostra strategia?

CV: Per iniziare è necessario chiarire che noi siamo un business incentrato soprattutto sul gioco, rivolto al messicano comune con clienti locali e abituali. Se volessimo occuparci di intrattenimento, entreremmo in concorrenza con Las Vegas che è a tre ore di volo dalla capitale del Messico. È un compito francamente difficile per il fatto che sono maggiormente orientati a clienti in periodi di riposo e quindi, di frequentazione sporadica, che richiedono capacità e risorse specifiche.

Durante i primi anni del mercato di monopolio ci siamo differenziati tramite un prodotto nuovo ma parallelamente –in previsione del mercato che alla fine abbiamo conquistato– abbiamo sviluppato capacità di gestione del cliente. Da quando il settore è stato liberalizzato ci siamo incentrati sullo sviluppo di elementi non imitabili. Considero che il nostro principale vantaggio competitivo sia di focalizzarci su ciò che il cliente veramente valorizza. La chiave è di creare trade off in modo veramente integrale che dipendono da noi, per raggiungere la loro soddisfazione, evitando di entrare in una guerra di prezzi sul mercato che erode i margini. Il cliente si reca presso le nostre sale per staccare e vuole che il suo denaro gli duri il massimo possibile; vuole sentirsi a suo agio e avere a sua disposizione una gastronomia accessibile di qualità. In questo senso tutte le nostre azioni sono rivolte a massimizzare la soddisfazione del cliente. Ad esempio –anche se è sempre necessaria una ponderazione–, io ho sempre difeso la mia preferenza per le sale che danno molti premi piccoli –si trasformano in nuove giocate– rispetto a pochi grandi premi che diventano meno credibili perché si vincono con meno frequenza e si trasformano in case o simili. Questa formula ci dà volume che genera prevedibilità e consistenza e quindi riduciamo i rischi.

Il nostro principale vantaggio competitivo è stato di focalizzarci su ciò che il cliente veramente valorizza

 

CMS: Nessuno aveva più fiducia nel bingo e voi anche così l’avete trasformato in un elemento di dinamizzazione delle sale, come ci siete riusciti?

 

CV: I nostri punti di riferimento sono i casinò del sud della California formati dalle riserve indiane. Ci hanno insegnato a vedere il business in modo integrale. Da sempre noi abbiamo imposto a ciascuna delle nostre linee di business che fosse redditizia da sé. L’inevitabile conseguenza era che ci trovavamo con una gastronomia molto cara e un bingo con dei margini fuori dalle orbite. Ci stavamo sbagliando. Bisogna vedere il flusso del cliente nelle nostre sale –chi sono i clienti, perché vengono, dove riposano, come si muovono e come massimizzare il loro tempo di permanenza–. Con il trascorrere del tempo ci siamo resi conto che nell’insieme, la gastronomia e il bingo, a volte devono sacrificare il loro rendimento per adempiere alla loro funzione: generare mobilità alle nostre macchine, creare un’atmosfera nelle sale, attrarre gente mediante l’offerta di un gioco più leggero. Sono delle leve e delle attrazioni che fanno parte dei trade off menzionati prima. Inoltre, per offrire un bingo più attraente, abbiamo collegato le sale –45 sale in AMH e 15 in Caliente– per offrire premi bassi molto ricorrenti. È vero che abbiamo una regolamentazione più flessibile rispetto ad altri paesi –e questo ci ha permesso di essere più innovativi– ma in qualsiasi caso, si può stimolare il prezzo della partita via take, promozioni o regalando fiche. La cosa peggiore che possiamo fare è pronunciare la famosa frase “è stato già tutto inventato”. È necessario avventurarsi e assumersi rischi – misurati naturalmente–.

“I casinò del sud della California ci hanno insegnato a vedere il business in modo integrale”

La gastronomia e il bingo a volte devono sacrificare il loro rendimento per generare mobilità verso le nostre macchine, creare un’atmosfera nelle sale e attrarre pubblico

CMS: Per poter mettere in atto tale strategia che ruolo ha la gestione del cliente? Ci troviamo davanti a un cambiamento rivoluzionario dell’industria del gioco?

 

CV: Attualmente nella nostra banca dati disponiamo di 600.000 clienti registrati rispetto alle macchine, di cui 150.000 sono abituali. Come abbiamo detto prima il nostro modo di differenziarci consiste nel creare capacità difficilmente imitabili che in molti casi dipendono dalle persone –analisi, tecnologia e persone–. Uno degli strumenti che ci ha permesso di farlo è stata la gestione specifica di ciascun cliente – facciamo promozioni segmentate individualizzate invece di promozioni di massa–. Affinché la catena di valore sia consistente devono esserlo anche tutti i suoi aspetti – organizzazione, profilo dei manager, dinamiche–. Il nostro modello è centralizzato, garantendo in questo modo un migliore follow-up delle 80 sale distribuite su un territorio di 6.000 km e garantendo la protezione dei nostri vantaggi competitivi. I manager delle sale attuano in modo eccellente le direttive segnate, in funzione dell’analisi della gestione dei clienti eseguita dalla direzione delle operazioni. Con questo schema, riusciamo a non far sapere alla concorrenza quello che offriamo a ciascun cliente, e questo ha un enorme valore.

In effetti potremmo parlare di rivoluzione del settore nella misura in cui stiamo gettando le fondamenta della strada che ci porterà a distribuire in modo più equo il valore aggiunto tra i diversi elementi che formano il nostro business.

La gestione specifica di ciascun cliente è uno strumento che ci ha permesso di creare capacità difficilmente imitabili

È una rivoluzione del settore perché ci troviamo sulla strada che ci porterà a distribuire in modo più equo il valore aggiunto tra i diversi elementi che formano il nostro business

L’apertura di nuovi mercati, spostandoci verso un modello più conforme ai costi, probabilmente determinerà il futuro nell’insieme di Codere

CMS: Rispetto al 2014, quali sono i progetti strategici più rilevanti per l’unità di business?

 

CV: Il progetto di espansione messicano dove vogliamo aprire nuovi mercati, spostandoci verso un modello più conforme ai costi, probabilmente determinerà il futuro non solo in Messico, ma nell’insieme di Codere. In aggiunta la rivendicazione del modello di business esistente sarà più che fondamentale e permetterà di trasferire tali nuove esperienze indietro, vale a dire, verso il resto del business. In secondo luogo lo sviluppo delle scommesse sportive è abbastanza ricco di speranze. Credo in un modello a grande scala che permetterà l’espansione del prodotto delle scommesse nel modo più semplificato ed economico possibile, per creare una rete e soddisfare le necessità di un mercato come quello messicano. Ci aiuterà nel nostro business di base.

CMS: Com’è l’impatto sul business della nuova legge messicana sul riciclaggio di capitali?

 

CV: Tale legge ha un impatto soprattutto sugli high roller che scommettono grandi quantità di denaro e che preferiscono rimanere anonimi. Quasi il 30% del nostro fatturato proviene da questo tipo di profilo, che si concentra nel prodotto ZITRO –5000 macchine in un parco di 18.000–. Abbiamo migrato il modello verso un altro che dipende di meno dai giocatori forti. A tale scopo, di nuovo, tutte le variabili ne sono colpite – struttura dei costi, relazione con i fornitori –. Dobbiamo essere molto cautinella transizione. In definitiva, dobbiamo essere molto compatti.

CMS: Hai davanti a te una sfida enorme, credi che riuscirai a intraprendere con successo tali progetti irrompenti?

CV: Una società formata da 8.000 persone ha risorse a sufficienza per affrontare progetti complessi. Considero che le iniziative che si stanno creando per l’anno prossimo –insistere sulla ricerca dell’efficienza, sviluppare lo strumento di gestione del cliente, sviluppo di 30 sale low cost, crescita delle scommesse sportive e inclinazione verso un modello meno dipendente dei giocatori forti– non sono nuove e stanno bollendo in pentola da anni. Abbiamo già percorso una lunga strada. Dal punto di vista operativo la squadra messicana è perfettamente pronta e motivata a tale scopo.

carlos-villaseca

CMS: Negli ultimi mesi abbiamo avuto alcuni contrattempi, come abbiamo reagito per far fronte agli effetti della chiusura di 8 sale?

 

CV: Ci siamo visti obbligati a ridurre i costi relativi a queste sale, e per questo hanno dovuto lasciare la società 800 persone. Tre delle otto sale sono molto buone –Gonzalitos, Tuxla e Sendero– e stiamo concentrando i nostri sforzi affinché almeno queste tre riaprano.

CMS: Ultimamente hai collaborato con altri paesi del gruppo, stiamo riuscendo a creare valore con lo scambio di pratiche ed esperienze di gestione con il resto dei paesi dell’America Latina?

CV: Considero che una dimostrazione del progresso raggiunto è stato che nelle giornate sul bilancio, tutte le presentazioni erano in perfetta sintonia –tutti abbiamo parlato del cliente, dell’efficienza, di low cost, della configurazione, dei valori verso dentro per creare capacità interne, della posizione competitiva–. È stato messo in evidenza che studiamo diverse preoccupazioni sotto la stessa luce.

In questi ultimi mesi ho dedicato circa il 15% del mio tempo al resto dei paesi, per il fatto che il lavoro di diagnosi e di docenza richiede uno sforzo maggiore. Da qui in poi, non prenderà più del 5% del mio tempo perché sono già stati messi sulla giusta strada. Parallelamente abbiamo collegato le diverse squadre funzionali di ciascun paese che saranno responsabili del follow-up della strategia creata. Certamente ogni paese ha una sua problematica, ciononostante abbiamo una serie di parametri comuni. Creare canali tra le diverse operazioni non migliora solo ciascuna unità separatamente ma tali canali fanno anche nascere un valore finora latente nella società. Abbiamo iniziato a trasferire migliori pratiche relative a tutti gli ambiti, come ad esempio, abbiamo approfondito insieme i concetti che veramente sono importanti per il cliente –con alcune sfumature, le motivazioni del giocatore sono sempre le stesse, indipendentemente dal paese–. Stiamo anche muovendo delle risorse tra i diversi paesi per un periodo di due mesi. Stiamo generando una stessa cultura che è il primo scalino per passare da una gestione paese a una gestione Codere. L’obiettivo è di smettere di essere un insieme di unità per diventare una combinazione delle stesse –più potente, più ricco, più difficile da imitare, con maggiore valore–. Questo progetto è molto ambiziosi e, secondo me, è una delle opportunità con un maggiore percorso per la società nel suo insieme. Inoltre, credo che sia un elemento di motivazione per la squadra molto importante.

 

Creare canali tra le diverse operazioni fa nascere un valore latente nella società

“Stiamo generando una stessa cultura che è il primo scalino per passare da una gestione paese a una gestione Codere”

Ho lavorato presso Arthur Andersen fino al 1999 quando sono entrato a far parte del settore di audit interno di Codere

“Si è trattato di un periodo di spermientazioni contninue molt arricchente”

“Non ho mail avuto paura di sbagliarmi perché considero che dagli errori si impara molto di più che dai successi”

Percorso professionale nella società

CMS: Come sono stati i tuoi inizi con Codere?

CV: Ho lavorato presso Arthur Andersen fino al 1999 quando sono entrato a far parte del settore di audit interno di Codere, sotto la direzione di Federico Escorial, che a sua volta dipendeva da Encinar – Direttore Finanziario della società in quel momento–. Nel 2000, è stato comprato il bingo Canoe a Madrid. Nessuno nella società sapeva molto di questa linea di business, e per questo è stato deciso che Federico e io ci incaricassimo di mettere ordine nella sala. Federico, è diventato direttore del Canoe.

CMS: Cosa hai imparato nel bingo Canoe?

 

Mi hanno insegnato molto i guru di quel periodo: Isidro Díaz, Luis Miguel Cabeza de Vaca; e ho avuto la fortuna di lavorare con grandi professionisti come Francisco Álvarez o Carlos Muñoz –fondatore della compagnia aerea Vueling– con cui ho imparato molta metodologia.

Allo stesso tempo, durante il periodo trascorso presso Canoe, ho fatto l’MBA dell’Istituto d’Impresa. Visto che a me piace applicare tutte le teorie, si è trattato di un periodo di sperimentazioni continue molto arricchente che, tra le altre cose, mi ha insegnato quello che non si deve mai fare. Ricordo l’apertura della sala “Star Madrid” con cui abbiamo iniziato una guerra dei prezzi a Madrid –eventi gratis, promozioni e gadget– che è stata copiata da tutti i nostri concorrenti, salvo il bingo Canoe, e che è servito solo per distruggere margini nel settore. Oltre a molte chiusure, ho anche imparato che il rapporto tra gli impiegati e i clienti e fondamentale ed è importante anche identificare i clienti “troiani” che vengono solo per l’intrattenimento gratis, nonché capire l’importanza di avere chiarezza sui valori della sala. In generale inoltre ho capito il funzionamento dell’ecosistema di una sala. Un altro grande apprendimento è stato di ottenere una certa sensibilità per distinguere situazioni in cui non contano solo i criteri economici perché a volte portano a sbagliarsi nelle decisioni. Non ho mai avuto paura di sbagliarmi perché considero che dagli errori si impara molto di più che dai successi. Ho paura se non ci provo. Lavorare in una società che te lo permette è un lusso.

CMS: A quali altri progetti hai partecipato?

 

CV: Ho vissuto un periodo molto bello e allo stesso tempo molto esigente, in cui ho lavorato per José Antonio Martínez Sampedro e Oliver Zugel –l’allora, Direttore di Operazioni del Gruppo– insieme a una squadra formata da analisti della casa –Andrés Gelfi, attuale Country Manager del Brasile, era uno si loro– e consulenti di Monitor Clipper Partners –lì ho conosciuto David Elizaga che più tardi è diventato Direttore Finanziario del Gruppo–. Abbiamo lavorato insieme duramente e intensamente durante quasi un anno, facendo presentazioni sofisticate con confuse analisi numeriche, e questo mi ha permesso di perfezionare il mio lato analitico. Lì ho imparato che i piccoli dettagli parlano di tutto l’insieme.

CMS: Come hai reagito quando ti hanno proposto di andare in Argentina? Come valuti il tuo periodo lì?

CV: Non c’è dubbio, ho avuto fortuna nella mia vita professionale, ma la chiave sta nel non lasciarsi sfuggire la fortuna quando si presenta. In quel momento hanno offerto il posto a Felipe Toro, che lo rifiutò. Io invece ho colto l’occasione. Ad agosto del 2004 sono andato a Buenos Aires come vice di Vicente di Loreto. Ho coinciso con Héctor Luna, e non c’è dubbio che conoscere personaggi simili ha un forte impatto sullo sviluppo professionale di una persona.

Ovviamente gli inizi in un nuovo paese sono difficili, tuttavia fa parte dell’apprendimento ed è essenziale per raggiungere una prospettiva in seno a una multinazionale. Ti permette di crescere e di reinventarti come professionista. Ti obbliga a essere più flessibile. Credo che durante il mio periodo in Argentina ho fatto dei passi da gigante raggiungendo i miei obiettivi in modo adeguato. Tale periodo nel mio percorso professionale è stato fondamentale perché mi ha permesso di ritornare al business in un ambiente esigente. Tre mesi dopo il mio arrivo, mi hanno nominato Direttore Operativo della parte di Codere Argentina. Dopo poco mi hanno dato l’incarico della fusione con la parte di Royal e sono diventato Direttore Operativo dei due business.

In seguito, sono stato nominato Direttore General quando Vicente ha lasciato la società e poco dopo sono rimasto come numero uno insieme a Héctor Luna.

In parte in questo periodo, sono stato a Harvard studiando per sei mesi “the general manager program”. Studiavo di mattina all’università e lavoravo da Boston di pomeriggio per l’Argentina.

In definitiva, quando metti insieme progetti interessanti, in compagnia di compagni di viaggio di primo livello, anche se ti ritrovi ad affrontare molte difficoltà, l’esperienza è comunque e sempre straordinaria.

Gli inizi in un nuovo paese sono difficili, tuttavia fa parte dell’apprendimento ed è essenziale per raggiungere una prospettiva in seno a una multinazionale

“Sono dipendente dalle esperienze che mi insegnano cose nuove ogni giorno e Codere mi ha permesso tutto questo e di più.

“Ho avuto la fortuna di conoscere moltissimi professionisti di grande valore e con profili radicalmente diversi, da cui ho cercato di”imparare il massimo possibile

La flessibilità e il rispetto verso gli altri mi hanno aiutato a sopravvivere in qualsiasi tipo di ambiente

Delego alla mia squadra affinché si senta partecipe nel progetto, ma poi sono anche molto esigente

Cerco di dedicare il 50% del mio tempo agli uffici e l’altro 50% a stare nelle sale

 Sfrutto al massimo il tempo in cui sto con la mia famiglia

“Uno dei mei hobby è di fare le maratone, ma mi diverto anche molto con le moto”

“Ogni settimana leggo HBR e The Economist (…) Li completo con la lettura dei classici”

CMS: Com’è stata la tua esperienza fuori da Codere?

 

CV: Nel 2007 sono stato a Barcellona per otto mesi con Oliver Zugel, lavorando per i casinò di Barcellona. Sono arrivato con abbastanza fiducia in me stesso e sicuro dopo i miei successi argentini, ma presto mi sono reso conto che c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Questa esperienza mi ha insegnato che tutte le società hanno i loro problemi e che ancora una volta la flessibilità e la pazienza sono determinanti per il successo della maggior parte dei progetti.

CMS: Dopo sei tornato a lavorare da noi per andare in Messico, com’è stato?

CV: In effetti nel 2008 mi hanno offerto l’allettante possibilità di iniziare una nuova sfida come Direttore Operativo di AMH. In teoria il mio profilo era indipendente, ma tutti conoscevano i miei movimenti nella società. I miei inizi sono stati molto duri, ho iniziato da zero. Mi sono di nuovo ritrovato solo davanti a qualcosa di sconosciuto e, come non poteva essere diversamente, mi mettevano a prova in continuazione. Pian piano sono riuscito a conquistare il rispetto e la fiducia di Alejandro Soberón, Rodrigo González Calvillo e degli altri elementi della squadra. Oggi ne sono grato. 

CMS: Nel tuo periodo in Messico, è stato difficile come spagnolo?

CV: A dire il vero no. In principio, i messicani apprezzano molto gli spagnoli. Indipendente dal paese a cui si emigri la cosa fondamentale è essere rispettoso per capire le differenze culturali che esistono e per evitare problemi innecessari; integrarsi velocemente e prendere il meglio delle persone che ci circondano. Gli spagnoli danno una certa importanza ad alcune cose a cui i messicano non danno nessuna importanza e viceversa. Si tratta di un processo di adattamento in cui bisogna cedere ed essere flessibile. Osservare e capire. Ho sempre cercato di trasmettere il mio miglior atteggiamento, condividendo con la mia squadra i miei obiettivi, lavorando duramente per raggiungere gli obiettivi. Questa è una formula universale.

CMS: Come valuti in modo generale il tuo passaggio dal Gruppo?

CV: Ogni società ha un proprio DNA. Logicamente anche Codere. La mia valutazione generale dopo quindici anni nella società è che Codere è un caos pianificato. Mi considero fortunato perché il mio percorso è stato speciale. L’ho comunque anche cercato. Ha sicuramente molto a che vedere con il fatto che non ho mai rifiutato nessuna opportunità che mi si è presentata. Sono dipendente dalle esperienze che mi insegnano cose nuove ogni giorno –per difficili e complesse che possano sembrare–, e Codere mi ha permesso tutto questo e di più. La cultura della casa è adatta a persone che si autogestiscono, che tollerano la frustrazione, a persone straordinarie che cercano un margine d’azione. Come ho già detto, lungo il mio percorso nella società ho avuto la fortuna di conoscere moltissimi professionisti di grande valore e con profili radicalmente diversi, da cui ho cercato di imparare il massimo possibile. Molte volte penso di più alle persone che ho conosciuto che ai progetti a cui ho lavorato e a come le persone risolverebbero un determinato progetto che devo affrontare. Adesso capisco la profondità del concetto “personigramma”. Sento una profonda gratitudine verso la società.

 CMS: Dopo tutte queste esperienza, come definiresti il tuo attuale stile di gestione?

CV: Secondo il mio punto di vista, la ricchezza delle esperienze è unita al tuo sviluppo come professionista. In questo senso mi considero fortunato perché le mie esperienze sono state tra le più variopinte, e questo mi ha reso un direttore versatile che dispone di molteplici strumenti. Ogni situazione richiede una combinazione unica di varie esperienze, ci saranno sempre alcune che mancano e che si devono sviluppare velocemente.

La flessibilità e il rispetto verso gli altri mi ha aiutato a sopravvivere in qualsiasi tipo di ambiente. Anche se ho le idee chiare, cedo per negoziare e per ottenere quello che veramente mi preoccupa. Mi auto- motivo continuamente perché ci sono molti fattori di pressione che ti portano al limite. Uno dei miei punti forti è il mio profilo analitico che mi permette di fare buone previsioni e anticiparmi velocemente ai cambiamenti. Esamino la causa e l’effetto di tutte le variabili su cui baso la mia strategia e le mie azioni puntuali. Dall’altro lato cerco di essere il più vicino possibile alle persone per posizionarmi come riferimento per la mia squadra. Per questo è molto importante comunicare un discorso solido e ricco di empatia. Io do un impulso ai progetti e ho la capacità di lavorare –do il massimo di me stesso perché adoro il mio lavoro– perché mi diverto nel mio lavoro. Affronto con curiosità le difficoltà che mi ritrovo nel mio lavoro quotidiano. Mi piace di più dare che chiedere. Mi obbliga a essere flessibile e a capire dove contribuisce meglio ognuno. A tale scopo sono necessarie strutture flessibili, –a volte non ortodosse– veloci nella presa di decisioni e che permettono l’apprendimento continuo delle persone che vi lavorano. Concedo molta autonomia alla mia squadra, delego affinché si sentano partecipi, ma poi sono anche molto esigente. Crea fiducia che fa in modo che le persone credano nel progetto e che diano il massimo di loro stesse. Le mie strutture sono molto lineari: non ho un numero di due, ho quaranta, che si è formato poco alla volta. Do molta importanza all’organizzazione e alla pianificazione. In un giorno normale ho una media di quindici riunioni di mezz’ora ciascuna. Cerco di dedicare il 50% del mio tempo agli uffici e l’altro 50% a stare nelle sale –sia nelle nostre sia in quelle della concorrenza o di altri mercati–. Per finire direi che cerco di essere autocritico: tutti i giorni faccio un esercizio di riflessione il mattino, in cui mi chiedo quello che sto facendo male e bene. I grandi successi si basano sui piccoli passi.

Riflessioni personali

CMS: Desideri condividere qualche cosa che non abbia niente a che vedere esclusivamente con il tuo ambito professionale?

CV: In realtà sono sempre collegato con il lavoro, perché questo dà fiducia alla mia squadra, inoltre ho la fortuna che mia moglie è molto flessibile e comprensiva, e questo mi ha permesso di conciliare questi due lati della mia vita. Quando sto con la mia famiglia do a loro tempo di qualità. Sfrutto al massimo il tempo in cui sto con i miei due figli di quattro e tre anni. Cerco di essere un esempio per loro, trasmettendo valori legati alla disciplina, l’ordine e il sacrificio.

Uno dei miei hobby è di fare le maratone, ho corso la mia prima maratona la scorsa settimana a Chicago. Mi diverto molto con le moto. Prima andavo nei circuiti di velocità. Ultimamente preferisco andare in montagna –sto diventando vecchio–. Gioco anche a golf e a calcio.

Ogni settimana nella mia routine leggo riviste di attualità, Harvard Business Review e The Economist. Mi piace il loro punto di vista su determinati fatti. Completo il tutto con la lettura dei classici –La divina commedia di Dante Alighieri, i Dialoghi di Platone, Tito Andronico di Shakespeare, Il Trattato sulla tolleranza di Voltaire, tra gli altri–. Ho l’abitudine di comprarli in blocchi da dieci, li sistemo uno sopra l’altro sul mio tavolo e così mi sforzo di leggerli. C’è sempre qualcosa da imparare per la tua vita personale o professionale.

Visto che dormo poco e mi pianifico molto ho tempo di fare tutto!

E per raccontare un aneddoto curioso, sono stato nella legione 1997 facendo la “naia” obbligatoria. È stata un’esperienza incredibile. Ma questa è un’altra storia Cristina.